• 14 ott

    2023

  • Redazione

  • Notizie

La proposta di regolamento europeo nella lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali: spazi e riflessioni

Fausto Galmarini
Presidente della European Federation for Factoring and Commercial Finance

 

La European Federation for Factoring (EUF) è una Federazione nata nel 2009 con lo scopo di rappresentare l’industria del factoring nelle interlocuzioni con i Regolatori e le Autorità Politiche Europee.
È costituita da 13 associazioni nazionali della EU (per l’Italia Assifact), da FCI – Factor Chain International, la più grande associazione internazionale, nonché dalle associazioni di U.K e Norvegia come partners.
Il mercato europeo del factoring ha fatto registrare nel 2022 un volume d’affari (turnover) di oltre 2.400 miliardi di euro, due terzi di quello mondiale, e la sua importanza nello sviluppo dell’economia reale è dimostrata dall’incidenza sul PIL, superiore al 12%. L’Italia è il quarto mercato europeo, dopo Francia, UK e Germania, con un turn over di oltre 287 miliardi e un’incidenza sul PIL del 14.5%.
Il factoring supporta in Europa più di 300.000 aziende (75% delle quali sono PMI) per un’esposizione complessiva di oltre 310 miliardi di euro.
Da anni principale strumento di finanziamento capitale circolante delle imprese, assiste queste ultime nel fronteggiare le problematiche connesse alla concessione di credito commerciale, pratica ampiamente diffusa fra le imprese sin dagli albori dell’attività commerciale, che consiste nel consentire agli acquirenti di dilazionare li pagamento dovuto per la fornitura di merci e servizi. Le ragioni per cui le imprese concedono credito commerciale sono varie e ampiamente indagate nella dottrina. In linea generale, la concessione di credito commerciale risponde a vari scopi, ad esempio:
- sviluppare li fatturato, integrando la facilitazione finanziaria nell’offerta commerciale che l’impresa propone ai potenziali clienti;
- concedere all’acquirente li tempo di verificare la merce prima di effettuare il pagamento, agendo da garanzia “implicita” della fornitura,
- uno strumento con cui li fornitore supporta finanziariamente i propri clienti più deboli, mantenendo attive relazioni commerciali profittevoli.

La concessione di credito commerciale, d’altro canto, genera un fabbisogno finanziario (che l’impresa soddisfa attingendo ai mezzi propri, al debito finanziario o al supporto, a sua volta, dei propri fornitori), nonché i costi per l’attività di gestione interna del credito e per il recupero legale del credito dei propri clienti, in caso di insolvenza.
Tali aspetti sono ben noti alle imprese, in quanto del tutto fisiologici e intrinseci nella normale attività aziendale. Inattesi ritardi nel pagamento da parte degli acquirenti, tuttavia, possono mettere in serie difficoltà l’impresa creditrice, soprattutto se prolungati e ripetuti. È su questo assunto che si fonda l’ultimo intervento della Commissione Europea, che riflette un impegno ventennale nel combattere i ritardi di pagamento e tutelare, in particolare, le piccole e medie imprese e che oggi, attraverso la proposta di Regolamento in esame, mira a fornire al mercato una spinta decisiva nella soluzione delle problematiche connesse ai ritardi di pagamento.
Se da un lato l’intento della Commissione Europea di adottare una posizione decisa e risoluta nell’affrontare li problema dei ritardi nei pagamenti appare giustificato, dall’altro non ci si può esimere dal sottolineare che l’approccio proposto, particolarmente dirompente, presenta rischi nascosti e possibili insidie e che, alla prova dei fatti, possa rivelarsi perfino controproducente in assenza di opportuni aggiustamenti.
lI factoring – prodotto ideale nella gestione e nel finanziamento del capitale circolante – rappresenta uno straordinario strumento di sostegno alle imprese e all’economia reale, che ha già dimostrato di svolgere in situazioni congiunturali difficili un ruolo di grande rilievo affiancando le imprese e “traghettandole” fino alla ripresa. In questi termini, agevolare li ricorso al factoring da parte delle imprese consentirebbe di porre rimedio alle conseguenze inattese del nuovo Regolamento e di rafforzarne l’efficacia nel raggiungere gli obiettivi preposti.

La proposta di Late Payment Regulation (LPR)

La proposta di Regolamento contro i ritardi di pagamento intende abrogare e sostituire la direttiva 2011/7/UE, recepita nei vari paesi della EU e per quanto riguarda l’ordinamento italiano con il decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192.
La Commissione Europea ritiene che la principale causa del ritardo nel pagamento risieda, in particolare, nell’asimmetria nel potere contrattuale tra acquirenti di grandi dimensioni e fornitori di dimensioni inferiori, ai quali i primi “scaricherebbero” il peso del sostegno finanziario al capitale circolante, obbligandoli di fatto ad accettare termini di pagamento iniqui e a sopportare il ritardo di pagamento.
Per fronteggiare tale situazione, al Commissione ritiene non più sufficiente l’attuale Direttiva e propone quindi l’adozione di un Regolamento che prevede l’introduzione di un limite massimo di pagamento a 30 giorni per le transazioni commerciali riferite alla fornitura di merci o la prestazione di servizi tra imprese e tra imprese e pubblica amministrazione. La proposta del LPR include inoltre altre previsioni finalizzate a:
- consentire procedure di accettazione e verifica della fornitura solo quando previste per legge e nei casi in cui è strettamente necessario, comunque da svolgere entro 30 giorni;
- obbligare, negli appalti pubblici, gli appaltatori principali a provare che i subappaltatori diretti siano stati pagati;
- rendere gli interessi di mora automaticamente dovuti al ricorrere di determinate condizioni;
- incrementare da 40 a 50 euro l’importo del risarcimento forfettario per ogni singola fattura non pagata a scadenza;
- introdurre nuovi strumenti per l’enforcement dei crediti commerciali, in particolare attraverso la costituzione di apposite Autorità e meccanismi di risoluzione alternativa delle controversie,
- assicurare la formazione delle imprese in termini di strumenti di gestione del credito e alfabetizzazione finanziaria.

Le previsioni per le transazioni commerciali fra imprese e pubblica amministrazione: un rigore giustificato

Nel LPR, la Commissione Europea conferma (inasprendole) le disposizioni già in vigore per le transazioni fra fornitori della pubblica amministrazione e la pubblica amministrazione stessa, proseguendo nel solco già tracciato dalla precedente Direttiva. Tale impostazione rigorosa, in questo contesto, appare giustificata in ragione del ruolo di particolare rilevanza del debitore pubblico nell’economia e della forza contrattuale impareggiabile che questo è in grado di esercitare sui propri fornitori: il graduale restringimento dei tempi consentiti alla PA per pagare i propri debiti commerciali ha consentito di ridurre nel tempo i tempi di pagamento effettivi della pubblica amministrazione italiana, che pure restano particolarmente elevati e ben oltre il limite di legge.
Tra gli aspetti di maggiore criticità, in questo ambito, è quanto mai necessario assicurare la coerenza dell’articolato processo della spesa degli enti pubblici previsto nel nostro ordinamento, che si svolge attraverso fasi codificate al cui termine è prevista l’emanazione di specifici atti, con i tempi di accettazione e verifica particolarmente stringenti previsti dal Regolamento.
Con riguardo alla situazione italiana, secondo quanto riportato dagli Associati di Assifact, è proprio nella fase di liquidazione (ovvero, della verifica della fornitura) che si generano i maggiori ritardi nel processo “procure-to-pay” degli enti pubblici.

Le previsioni per le transazioni commerciali fra imprese: criticità ed effetti indesiderati da una rigidità eccessiva

Nella sua versione attuale, la proposta, pur perseguendo li giusto obiettivo di fronteggiare i ritardi di pagamento, può risultare all’atto pratico eccessivamente sbilanciata e presentare talune criticità e conseguenze indesiderate nelle transazioni fra imprese, specialmente per le PMI e soprattutto nel caso in cui il LPR non raggiunga li suo obiettivo di migliorare i comportamenti nei pagamenti. In primo luogo, il passaggio dalla Direttiva (LPD) attuale a un Regolamento (LPR) direttamente applicabile, rappresenta un intervento significativo verso l’armonizzazione del diritto civile e contrattuale nazionale, che presuppone, tra l’altro, che il LPR posa essere facilmente incorporato negli ordinamenti nazionali. Tuttavia, allo stato, il LPR appare lacunoso su diversi aspetti, ad esempio, riguardo al suo campo di applicazione e alle definizioni, alle regole sulla riserva di proprietà e all’automatismo degli interessi per pagamenti in ritardo.
L’introduzione, nell’ambito delle transazioni fra imprese, di un limite massimo di 30 giorni ai termini di pagamento, senza eccezioni o opzioni per adattarsi a determinati settori, categorie di imprese o esigenze dei partner contrattuali, sembra finalizzata più a comprimere i tempi nominali di pagamento (ovvero i giorni fra il sorgere del credito e la scadenza) piuttosto che a ridurre i ritardi di pagamento (ovvero i giorni fra la scadenza e il pagamento).
È opportuno sollevare l’attenzione su alcune possibili conseguenze inattese e non volute di tale approccio:
- non vi è prova che limitare la durata dei termini di pagamento contrattuali riduca automaticamente i pagamenti effettuati in ritardo: i dati di Intrum Justitia mostrano che nelle transazioni con la Pubblica Amministrazione negli Stati membri della UE, in cui tale limite era già previsto dalla LPD attuale, nel 2022 i termini di pagamento medi riscontrati variavano tra 42 e 57 giorni, mentre li tempo effettivo di pagamento medio variava tra 57 e 74 giorni, suggerendo come l’imposizione di un limite all’entità del credito commerciale non abbia concretamente modificato i comportamenti di pagamento dei debitori pubblici, peraltro influenzati, nel nostro Paese, da un sistema di norme particolarmente ampio e farraginoso che prevede adempimenti il cui completo svolgimento difficilmente può avvenire, concretamente, entro 30 giorni. Per quanto possa sembrare controintuitivo, restringere i termini contrattuali potrebbe aumentare la quota di pagamenti effettuati in ritardo anziché ridurla.
- la durata del ciclo monetario (inteso come periodo intercorrente tra il momento dell’acquisto delle scorte, la lavorazione per ottenere il prodotto finito, la vendita e l’incasso del corrispettivo) di ciascuna impresa, che sia una PMI o una grande azienda, varia da settore a settore o addirittura da azienda a azienda in uno stesso settore. Con poche eccezioni, li ciclo monetario raramente è inferiore a 30 giorni. Di conseguenza, è plausibile che l’introduzione di un limite di 30 giorni per i termini di pagamento crei (ulteriori) problemi di liquidità per le imprese, specialmente per le PMI, che dovranno trovare risorse finanziarie aggiuntive (140 miliardi di euro sulla base di stime effettuate dalle associazioni imprenditoriali europee) per poter pagare i propri fornitori entro questo periodo ridotto. Dato che li livello di patrimonializzazione delle PMI è notoriamente modesto e l’accesso ai mercati finanziari è quasi precluso a causa delle limitate dimensioni, esse dovranno rivolgersi all’industria bancaria.
Nel caso in cui i debitori non adeguino i propri comportamenti effettivi ai termini contrattuali massimi previsti dal LPR, le banche e gli intermediari finanziari non saranno in grado di finanziare i crediti commerciali a causa dell’impatto che i ritardi nei pagamenti hanno sulla classificazione delle esposizioni come definita dalla disciplina prudenziale europea in materia di classificazione a default sulla base del Regolamento sui requisiti patrimoniali (CRR). In presenza di fatture scadute, a determinate condizioni, può essere richiesta la classificazione delle relative esposizioni come non performing e l’applicazione del c.d. calendar provisioning che prevede svalutazioni minime obbligatorie sulle esposizioni deteriorate. In tale contesto, il sistema creditizio non sarà più nelle condizioni di acquistare i crediti commerciali e i fornitori non potranno accedere alla relativa finanza. Dall’altro lato, le fatture acquistate, dopo la scadenza, alimenteranno il conteggio dei giorni di scaduto in capo al debitore (l’acquirente) con riflessi sulle posizioni bancarie di quest’ultimo. L’Italia, peraltro, è l’unico Paese fra quelli assoggettati alla suddetta normativa nel quale sia stata emanata una disciplina ulteriormente restrittiva su questi profili. Le piccole imprese sarebbero quindi costrette a rivolgersi a strumenti finanziari non supportati dal credito commerciale e caratterizzati da costi più elevati e da crescenti difficoltà nell’accesso al credito.
lI credito commerciale rappresenta implicitamente anche una garanzia della qualità del prodotto, consentendo all’acquirente di verificare la bontà della fornitura prima di effettuare li pagamento; limitare le procedure di verifica danneggerebbe ingiustamente l’acquirente ed esporrebbe li fornitore a un aumento incontrollato dele controversie, creando così nuove e indesiderate conseguenze negative per acquirenti e fornitori.
Sussiste li rischio di ritardi volontari nell’emissione della fattura da parte del fornitore, con potenziali conseguenze anche sotto li profilo fiscale.

Il ruolo del factoring nel favorire la diffusione di una cultura dei pagamenti tempestivi e risolvere le criticità del LPR per le imprese

Molte delle criticità poste dalla proposta di Regolamento della Commissione Europea potrebbero essere superate favorendo la diffusione e l’accesso delle imprese , in particolare di quelle di piccole e medie dimensioni, a soluzioni di supporto alle esigenze di capitale circolante, quali il factoring, che possano consentire alle imprese di sfruttare i benefici del credito commerciale come leva per lo sviluppo del fatturato, assicurare al competitività dele stesse sui mercati internazionali e ridurre le possibili implicazioni di un mancato allineamento dei comportamenti effettivi ai nuovi termini di pagamento obbligatori.
Secondo un’indagine condotta in Italia da Assifact e KPMG, le piccole imprese sono quelle che traggono maggior beneficio dall’uso del factoring e in particolare, dal supporto nella gestione dei crediti, attraverso il quale limitano gli insoluti e migliorano al regolarità dei flussi di cassa derivanti dai pagamenti, nonché la tempestività dei pagamenti dell’acquirente: in particolare, il 79% dele imprese di piccole dimensioni ha dichiarato di aver ottenuto, grazie al servizio di factoring, incassi più regolari e tempestivi. In questa prospettiva, li factoring aiuta concretamente a bilanciare li potere contrattuale tra il fornitore e l’acquirente.
lI fatto che li factoring debba essere considerato come una delle soluzioni ai problemi delle imprese causati dai ritardi nei pagamenti è supportato, tra le altre cose, dalla risoluzione del Parlamento Europeo del 17 gennaio 2019 sull’attuazione della Direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, in cui li Parlamento Europeo ha esortato la Commissione e gli Stati Membri a considerare, tra le altre cose, misure di supporto, indicando appunto il factoring e la finanza di filiera (“supply chain finance”) come modalità innovative di pagamento e finanziamento che consentono al creditore di essere pagato in tempo reale non appena viene emessa al fattura. In particolare, il Parlamento Europeo ha preso in tale occasione una posizione forte riguardo ai ritardi di pagamento da parte delle autorità pubbliche e alla necessità di favorire l’uso del factoring come soluzione alle conseguenze dei ritardi nelle relazioni tra impresa e Pubblica Amministrazione.
Questa impostazione è supportata anche nello studio sulla finanza di filiera pubblicato dalla Commissione Europea nel 2020 e nello studio sula promozione di una cultura di pagamento responsabile nella EU e sul miglioramento dell’efficacia della Direttiva sui Ritardi di Pagamento (2011/7/VE) preparato per la Commissione Europea e pubblicato nel luglio 2022, il quale evidenzia che la questione dei ritardi nei pagamenti e dei termini di pagamento eccessivamente lunghi, che influiscono negativamente sulle condizioni finanziarie delle imprese, può essere attenuata con l’uso di taluni strumenti finanziari, fra cui il factoring.
La Commissione stessa, in occasione della raccolta di informazioni preliminare alla revisione della Direttiva, nella primavera del 2023, ha menzionato i divieti di cessione del credito commerciale tra le “pratiche sleali” in un allegato della relazione di valutazione dell’impatto, ancorché non nel testo del Regolamento proposto.

Il factoring; una soluzione efficace per migliorare il LPR

Assicurare la possibilità per le imprese di ricorrere al factoring può migliorare la capacità del LPR di incidere concretamente sui ritardi nei pagamenti e mitigare i rischi nascosti e le insidie dell’approccio adottato nella proposta. Ciò può essere ottenuto, in particolare, attraverso:
- la rimozione della possibilità di vietare o ostacolare li trasferimento dei crediti nel factoring. Ciò potrebbe essere realizzato, ad esempio, attraverso una apposita aggiunta al LPR per includere li divieto o la limitazione del trasferimento dei crediti nell’elenco delle clausole contrattuali da considerarsi “nulle e prive di effetto”, soprattutto se ostacolano il factoring e altre forme simili di finanziamento. Questo non rileva solo per le transazioni fra imprese (B2B), ma anche nelle transazioni fra imprese e Pubblica Amministrazione ( B2G), dove le autorità pubbliche possono rifiutare e ( spesso rifiutano) li trasferimento dei crediti, sia in base a clausole contrattuali che a leggi.
- la concessione di maggiore flessibilità nella negoziazione dei termini di pagamento quando è prevista la libertà di trasferire i crediti e l’eliminazione della possibilità di pagare a rate. Attraverso li factoring, i clienti ottengono l’anticipo del pagamento immediatamente, o comunque quando lo richiedono secondo le proprie necessità, e allo stesso tempo i loro acquirenti (spesso anch’essi PM) possono beneficiare di termini di pagamento più lunghi. La possibilità di negoziare termini di pagamento più lunghi nelle transazioni 82B, oltre i 30 giorni, dovrebbe rimanere nei casi in cui si utilizza il factoring o, almeno, quando vi sia libertà di cedere li credito. D’altra parte, ciò non si dovrebbe applicare alle transazioni B2G, per le quali già oggi vige un termine di pagamento massimo fissato dalla norma. La proposta di Regolamento consente il pagamento a rate, senza alcuna restrizione esplicita sul suo utilizzo. Tale possibilità andrebbe eliminata al fine di evitare che i debitori possano sostituire i precedenti termini di pagamento con accordi per pagamenti rateizzati, estendendo essenzialmente i termini di pagamento oltre il termine massimo.
- l’esplicita menzione del factoring fra gli strumenti di gestione del credito. Come rilevato dalle stesse imprese, li factoring è uno strumento particolarmente utile nella gestione del credito delle imprese di dimensioni contenute.

Considerazioni finali

La proposta della Commissione Europea, come richiamato nelle premesse, intende dare una spinta decisiva nella lotta contro i ritardi di pagamento e promuovere una cultura dei pagamenti tempestivi, in particolare a beneficio delle piccole e medie imprese.
Nel condividere l’intento della Commissione, è auspicabile peraltro che nel dibattito che porterà all’approvazione della proposta, si presti particolare attenzione ai potenziali effetti collaterali della limitazione della libertà contrattuale delle imprese e all’obbligo di introdurre un termine massimo, per tutte le transazioni commerciali, di 30 giorni per il pagamento dei debiti commerciali: il timore è che, alla prova dei fatti, tale scelta possa rivelarsi controproducente per la competitività e la stabilità finanziaria delle imprese italiane ed europee
lI factoring rappresenta uno strumento di grande utilità per le imprese, spesso utilizzato come supporto per facilitare la crescita del fatturato anche sfruttando la leva commerciale. Al riguardo va evidenziato che in Italia negli ultimi dieci anni esso è cresciuto esponenzialmente, passando dal 14% al 39% del credito a breve concesso alle imprese. Grazie al servizio che comprende gestione, anticipo e, ove previsto, garanzia del credito commerciale, il factoring può fornire soluzioni alle preoccupazioni generate dalla proposta di Regolamento, a patto che sia garantita la libertà di accedervi (in altre parole, che venga assicurata la libertà delle imprese di cedere il credito, rendendo nulle o inefficaci clausole contrattuali o leggi che ne vietano o ne ostacolano la circolazione).
Attraverso il ruolo di bilanciamento dei poteri contrattuali fra il fornitore e il cliente che il factor può svolgere e la facoltà di anticipare il pagamento sin dal momento dell’emissione della fattura, il fornitore può controllare gli incassi, beneficiare di tempi di pagamento maggiormente prevedibili e pianificare i flussi di cassa con maggiore certezza. Appare quindi pienamente giustificabile una maggiore flessibilità nelle negoziazioni quando il fornitore ricorre alla cessione del credito o, quanto meno, quando gli sia garantita la facoltà di ricorrere alla cessione del credito.
Le specificità del factoring hanno nel tempo assicurato un elevato grado di controllo del rischio di credito, che si è concretizzato in tassi di deterioramento assai contenuti e in generale inferiori rispetto al credito bancario tradizionale, nonostante la presenza di una quota di crediti scaduti mediamente pari al 30% del totale dei crediti, che riflette la tendenza delle imprese e soprattutto delle pubbliche amministrazioni a pagare i propri debiti commerciali con un certo ritardo.
Nel nostro paese il sostegno del factoring all’economia reale è concreto e consente alle imprese, secondo stime di Assifact, di sostenere finanziariamente tempi medi di pagamento pari complessivamente a circa 84 giorni (dato a giugno 2023). lI supporto offerto dal factoring appare, inoltre, vitale per i fornitori della pubblica amministrazione, consentendo di incassare in anticipo crediti che, mediamente, vengono pagati dopo 148 giorni.