A cura di Alessandro Carretta, Presidente Nedcommunity
Periodicamente, di solito in occasione del rinnovo dei consigli di amministrazione in importanti società pubbliche o private e di nomine di particolare rilievo, anche mediatico, il dibattito sulla corporate governance esce dagli ambiti ristretti cari agli addetti ai lavori e trova spazi più ampi di discussione. I temi di cui si parla in queste occasioni riguardano sovente i criteri in base ai quali si scelgono gli amministratori, e all’interno di questi il peso delle competenze, i rapporti tra il cda e gli azionisti, il ruolo del top management nella scelta dei consiglieri.
Di cosa si occupa la governance e perché è importante nella vita di un’impresa?
Secondo le più accreditate fonti internazionali, la corporate governance coinvolge l’insieme delle relazioni tra il management di una società, il suo consiglio, i soci e gli altri stakeholder. Essa è in altre parole la struttura attraverso la quale le imprese sono dirette e controllate e vengono fissati gli obiettivi e le strategie della società, determinando anche i mezzi per raggiungerli e monitorare le performance. La governance è dunque al centro della creazione del valore aziendale. La letteratura suggerisce anzi che una buona governance può migliorare le performance delle imprese, aumentare la trasparenza, ridurre il rischio, e condurre ad una maggiore etica aziendale. Il risultato è di ridurre il costo del capitale e di incoraggiare le imprese a impiegare le risorse in modo più efficiente, stimolando così la crescita.
Quando la “buona” governance manca, si sente. In un mio articolo apparso da poco su Milano Finanza, ho trattato il caso di alcune banche regionali statunitensi dove nelle crisi ha svolto un ruolo determinante una governance aziendale inadeguata. Il caso di queste banche e la responsabilità della governance sono stati ricordati anche dal Governatore Visco nelle Considerazioni finali del 31 maggio di quest’anno. Nel caso della Silicon Valley Bank, solamente uno dei consiglieri indipendenti aveva una significativa esperienza bancaria e comunque non sedeva nel comitato rischi della banca, nel quale c’era invece un esperto in vini d’annata. Anche nella Signature Bank, nota anche per avere dato a suo tempo un posto in cda a Ivana Trump, il comitato rischi era a corto di banchieri, fatta eccezione per i fondatori della banca e per il chief operating officer. Il CRO della Silvergate Bank, la banca specializzata nelle criptovalute, era il genero del CEO, certo non un esempio, almeno sulla carta, di indipendenza di giudizio. Naturalmente è difficile valutare l’efficacia di un consiglio di amministrazione solo dai profili biografici dei consiglieri e non si possono dare giudizi affrettati.
Ma la buona governance in cosa consiste?
I principi di corporate governance introdotti dal G20/OECD a partire dal 1999 si propongono di aiutare i policy makers a valutare e migliorare il framework legale, regolamentare e istituzionale di ciascun paese nella direzione di una buona governance, utile a sostenere l’efficienza economica, la crescita sostenibile e la stabilità finanziaria. Tali principi (nella tavola una presentazione sintetica tratta dal rapporto ufficiale più recente, riferito al 2015) sono divenuti nel tempo, con diverse consultazioni e confronti tra i diversi paesi un benchmark di riferimento a disposizione anche delle imprese, degli investitori e di tutti gli stakeholder. Attualmente sono nuovamente in revisione, con una conclusione prevista entro la fine del 2023. In ogni caso ogni cda è ancora una “black box”, nella quale entrano informazioni, documenti e problematiche le più svariate, e dalla quale escono o, meglio, dovrebbero uscire buone decisioni, improntate alla crescita del valore dell’impresa per tutti gli stakeholders. Ma cosa accade “dentro” il board è ancora tutto sommato misterioso. Molto dipende dalle esperienze e dalle competenze degli amministratori, così come dalle dinamiche sociali che sorgono in un organo collegiale complesso, che deve essere adeguatamente gestito per dare il meglio. Gli amministratori indipendenti svolgono un ruolo fondamentale, in virtù della loro posizione peculiare rispetto agli esecutivi e delle funzioni svolte, che possono spaziare, a seconda anche delle cornici normative e della propensione individuale, da quella di semplice watchdog (comunque nei casi sopra segnalati delle banche americane sarebbe forse già stato sufficiente) a quella più ampia di interlocutore del top management, un vero e proprio sparring partner in grado di fare un adeguato challenging su orientamenti e decisioni del cda. Ma come si valutano l’indipendenza e, più in generale, l’appropriatezza dei membri di un cda e dunque la loro capacità di contribuire davvero alla buona governance di un’impresa? Ripensando ai casi delle banche americane, si potrebbe rispondere: forse basta il buon senso. Ma il tema è in realtà più complesso, anche perché tutti i consiglieri di amministrazione, anche se non formalmente indipendenti, dovrebbero disporre di un DNA caratterizzato da un cromosoma di indipendenza di giudizio, utile all’impresa che governano.
Per guidare i membri degli organi di governo e controllo delle imprese nel difficile “mestiere” del “buon” consigliere, Nedcommunity ha predisposto e continuamente sottolinea l’importanza di comportamenti adeguati alla buona governance, sintetizzati in alcuni principi guida. I Principi di Nedcommunity considerano il quadro di riferimento, rappresentato dalla normativa e dal Codice di Corporate Governance (il “Codice”), che si rivolge a tutte le società con azioni quotate sul Mercato Telematico Azionario (“MTA”) gestito da Borsa Italiana.
1. Il Successo Sostenibile della Società
Ognuno si assume l’impegno di operare nell’interesse della Società senza vincolo di mandato nei confronti di chi lo ha candidato o eletto. In particolare, egli, nel suo ruolo di membro dell’organo di amministrazione o di controllo, si impegna a promuovere il successo sostenibile dell’impresa, che si sostanzia nella identificazione e integrazione nella strategia e nel modello di business dei temi rilevanti per la creazione di valore a lungo termine a beneficio degli azionisti, tenendo conto degli interessi degli altri stakeholder rilevanti per la Società.
2. Il Buon Governo Societario
Ognuno si impegna ad apportare un fattivo contributo all’amministrazione della Società nel rispetto del suo ruolo di amministratore non esecutivo o di componente dell’organo di controllo e a promuovere il continuo miglioramento delle regole e delle prassi di governo societario adottate. Egli promuove l’adozione delle migliori prassi nazionali ed internazionali di governo, anche nelle società a proprietà concentrata e in quelle diverse dalle società grandi.
3. Una Cultura aziendale della diversità, dell’equità e dell’innovazione
Nella consapevolezza degli impatti che il buon governo del capitale umano genera sulla performance e sul successo sostenibile della società e promuove una cultura aziendale capace di generare equità e coinvolgimento tra i dirigenti, i collaboratori e gli stakeholder, ispirata a principi etici e sostenibili, ogni consigliere promuove l’adozione di una cultura aziendale che tenga in massima considerazione la salvaguardia della salute, del benessere complessivo dei dipendenti e collaboratori; un codice etico aziendale che tuteli dipendenti e collaboratori che denuncino comportamenti contrari allo stesso proteggendone la confidenzialità; un modello di leadership che promuova l’ascolto e l’espressione di un pensiero indipendente e l’apertura verso l’innovazione; una politica che promuova diversità e inclusione; una politica anti-corruzione, anche nei rapporti tra privati.
4. Il Buon Governo delle nomine
Occorre incoraggiare prassi di nomina degli organi sociali ispirate alla trasparenza e ad alti standard qualitativi, promuovendo la diversità. Ogni consigliere favorisce nelle società quotate di cui è esponente (anche in quelle a proprietà concentrata o non grandi) l’istituzione di un Comitato Nomine che proponga all’organo amministrativo le caratteristiche dei soggetti da nominare per il ruolo di amministratore o di componente dell’organo di controllo, sia per le ipotesi in cui la nomina sia effettuata da parte dei soci sia per quelle in cui l’organo amministrativo svolga un ruolo diretto (cooptazione o presentazione della propria lista di candidati). Egli promuove in tutte le società quotate di cui è esponente l’adozione da parte dell’organo di amministrazione di un piano di successione per il CEO, per gli amministratori esecutivi e il top management.
5. L’Indipendenza nel giudizio e nel comportamento
Il consigliere in possesso dei requisiti di indipendenza al momento della nomina si adopera per mantenere tali requisiti per tutta la durata dell’incarico. Qualora i requisiti d’indipendenza vengano a mancare anche per ragioni indipendenti dalla propria volontà, egli si impegna a comunicare senza indugio tale circostanza alla Società collaborando al fine dell’eventuale assunzione dei provvedimenti opportuni o necessari per garantire una corretta composizione degli organi di amministrazione e controllo.
6. La Conoscenza della Società
Tale conoscenza va acquisita attraverso lo svolgimento di un ragionevole programma di introduzione che consenta di acquisire, in tempi ragionevolmente brevi, un’effettiva conoscenza e comprensione del settore, dei fattori strategici, dei fattori di rischio, sia di tipo finanziario che non finanziario, e del sistema di controllo interno della Società. A questo fine, è opportuno che il nuovo amministratore o componente dell’organo di controllo accetti o solleciti incontri con il top management e i responsabili delle principali funzioni della Società e sessioni di induction su ogni tema rilevante.
7. I Conflitti di interessi e la riservatezza
Nello svolgimento del ruolo di amministratore o componente dell’organo di controllo, occorre evitare situazioni di conflitto di interessi e, laddove le stesse si manifestino, è necessario dichiararne l’esistenza e adoperarsi perché siano rispettate in modo sostanziale le regole e le procedure di informazione e condotta applicabili in presenza di interessi dei componenti degli organi sociali o di parti correlate. Occorre mantenere una rigorosa riservatezza in ordine alle informazioni riguardanti la Società discusse nel corso delle riunioni degli organi societari e, più in generale, a quelle apprese nell’ambito del proprio ruolo.
8. La Professionalità
Nello svolgimento del ruolo di amministratore o componente dell’organo di controllo occorre dedicare il tempo adeguato alla preparazione delle riunioni e, a tal fine, stimolare la Società affinché le relative informazioni siano rese disponibili con congruo anticipo. È necessario chiedere ogni chiarimento e informazione ritenuti opportuni e, laddove manchino le informazioni necessarie ai fini di una decisione dell’organo di amministrazione, astenersi o esprimere voto contrario, in maniera motivata. Occorre impegnarsi, per quanto opportuno, a mantenere i requisiti di professionalità che siano stati rilevanti per la nomina nonché a seguire le attività di aggiornamento professionale utili per lo svolgimento dell’incarico.
9. La Correttezza nei rapporti diretti con i soci
Un trasparente e corretto confronto tra componenti degli organi di amministrazione e controllo e i Soci può rappresentare una importante fonte informativa per i processi decisionali degli organi di governo societario. Negli eventuali rapporti con i Soci, ci si attiene a regole di trasparenza, rispettando le esigenze di riservatezza della Società ed evitando di determinare situazioni di asimmetria informativa in grado di pregiudicare ingiustamente gli interessi degli investitori e degli altri stakeholder rilevanti della Società. Occorre sottolineare l’importanza del processo di comunicazione alla comunità finanziaria e del suo corretto funzionamento, facendosi parte attiva affinché siano predisposte specifiche procedure per la comunicazione al mercato dei dati più rilevanti nonché per la gestione del dialogo con la totalità degli azionisti.
10. Una remunerazione equa
Occorre promuovere l’effettiva applicazione del Codice in materia di remunerazione dei componenti degli organi sociali, tenendo conto dell’importanza di una remunerazione adeguata e proporzionale alle responsabilità e all’impegno profuso anche per i consiglieri di amministrazione non esecutivi e per i componenti degli organi di controllo nonché tenendo in considerazione obiettivi in linea con la strategia ESG della Società. A tali fini è bene promuovere l’utilizzo di analisi di benchmarking con aziende comparabili nazionali ed internazionali.
Nel caso delle aziende non quotate, abbiamo a che fare con un insieme molto vasto e differenziato, composto da soggetti spesso poco strutturati, che operano con strutture e processi informali, privi di quadri e politiche di governance formalizzati. In questo contesto la buona governance non è scontata, spesso va “ricercata” e, soprattutto, “rafforzata”.
I benefici di una buona governance per le società non quotate sono rilevanti. Si pensi alla riduzione dall’eccessiva dipendenza da poche “persone chiave”; alle migliori chance di continuità per le imprese familiari; a controlli interni funzionali a una miglior gestione dei rischi; ad una migliore prevenzione e gestione dei conflitti, specialmente nelle imprese familiari; al valido supporto alla crescita sostenibile dell’impresa; al più agevole accesso al mercato dei capitali di rischio e del credito; alla migliore relazione con gli stakeholder, interni ed esterni, nonché migliore reputazione.
ECODA la Confederazione europea delle associazioni di amministratori indipendenti e Nedcommunity, che ne fa parte, hanno scelto un approccio dinamico alla governance delle imprese non quotate, che tiene conto delle obiettive situazioni ambientali e del ciclo di vita dell’impresa. In questa prospettiva sono stati così individuati alcuni principi volontari di governo societario per le imprese non quotate con natura non vincolante, da applicarsi con gradualità.
La presenza di una buona governance, specie nel caso delle imprese non quotate, può essere di grande aiuto anche nei rapporti con le banche che finanziano l’impresa. Gli orientamenti EBA in materia di concessione e monitoraggio dei prestiti e la focalizzazione delle autorità di controllo, nazionali ed europee, verso la sostenibilità, solo per citare due aspetti, riportano l’attenzione sull’analisi strategico-finanziaria d’impresa e sull’esposizione della stessa ai diversi fattori di rischio, portando alla centralità dell’analisi la governance, specie nella prospettiva ESG. Anche la determinazione delle condizioni economiche e finanziarie dei prestiti dovrà sempre più tenere conto della validità del modello di governance dell’impresa.
In questa prospettiva la sfida è quella di allineare banche e imprese in direzione di un linguaggio comune sulla governance, che stimoli comportamenti virtuosi e orientati a una cultura del rischio in grado di “riconoscere” e valorizzare il DNA del buon governo societario.
In questa prospettiva la sfida è quella di allineare banche e imprese in direzione di un linguaggio comune sulla governance, che stimoli comportamenti virtuosi e orientati a una cultura del rischio in grado di “riconoscere” e valorizzare il DNA del buon governo societario.
RIFERIMENTI
Comitato di corporate governance, Codice di corporate governance, gennaio 2020
https://www.borsaitaliana.it/comitato-corporate-governance/codice/2020.pdf
Roberto Cravero, Valorizzare la buona governance delle imprese nei processi di affidamento: informazioni, certificazioni, rating, effetto-disciplina, intervento al convegno ABI Supervision, risks and profitability, Milano 6 e 7 giugno 2023
G20/OECD, Principles of corporate governance, OECD Publishing, Paris, 2015
https://www.oecd-ilibrary.org/docserver/9789264236882-en.pdf
Nedcommunity, Principi guida
https://www.nedcommunity.com/wp-content/themes/nedcommunity/img/principi-guida.pdf
Nedcommunity, Linee guida e principi di corporate governance applicabili alle società non quotate, a cura del Reflection Group – la corporate governance delle aziende non quotate
Nata nel marzo 2004, Nedcommunity è l’associazione italiana degli amministratori non esecutivi e indipendenti, impegnata dal 2004 per la buona governance societaria. L’associazione, che oggi conta oltre 700 associati, dal 2021 è Ente riconosciuto dallo Stato.