• 24 feb

    2023

  • Redazione

  • Notizie

Bonus edilizi, come uscirne?

Christian Dominici

 

Dopo il provvedimento del 16 febbraio 2023 sono molte le imprese del settore dell’edilizia che temono per il loro futuro e le famiglie che ritengono che ormai non potranno più provvedere agli adeguamenti delle proprie abitazioni.
In questi giorni si sono frettolosamente susseguite diverse soluzioni: garanzie SACE, CPD, pagamento F24 dei correntisti delle Banche.
Appare difficile, dopo il ruolo fondamentale che hanno svolto a garanzia dei prestiti PMI in questi anni di pandemia, coinvolgere nuovamente SACE CDP nella partita bonus edilizi.
Un’idea che ha riscosso grande interesse tra gli operatori è invece quella di consentire alle Banche italiane di pagare gli F24 dei propri correntisti, con i bonus edilizi già acquisiti al fine di smaltire lo stock di bonus edilizi esistenti.

Perché la compensazione negli F24 dei clienti delle Banche non è la soluzione

Proprio in questi mesi il Governo sta valutando una attenta revisione dei vari bonus ed incentivi fiscali anche legati al mondo delle imprese, con un progetto di revisione complessiva di molti incentivi fiscali che il Governo presenterà già nel prossimo mese di marzo: la finalità, condivisibile, è ovviamente di rendere le entrate tributarie quanto più possibile certe ed a servizio delle spese correnti e degli investimenti dello Stato. Non si dimentichi infatti che durante il periodo Covid sono state concesse ai contribuenti, tramite vari bonus fiscali, numerose possibilità di compensazione (credito ricerca e sviluppo, industria 4.0, eccetera) delle proprie uscite tributarie. Il Fisco ha ovviamente bisogno di incamerare risorse reali, di qui, presumo, la resistenza dei tecnici delle Finanze ad ulteriori compensazioni a tutto campo (già sarebbero esclusi dalle compensazioni crediti edilizi i contributi mensili dipendenti delle aziende che costituiscono gran parte dei versamenti mensili delle imprese). C’è poi un altro problema: io contribuente con il modello F24 intendo versare i miei soldi allo Stato, non alla banca che fa da intermediario. Non si capisce perché i miei soldi debbano cambiare destinazione senza che io ne sia consapevole e senza il mio consenso, soprattutto se tutto questo a me non porta alcun vantaggio, anzi in prospettiva potrebbe costituire un rischio se i crediti della banca fossero contestati. In buona sostanza, aggiungiamo, non si capisce perché la banca possa veicolare un credito su cui ha ricavato un aggio senza che il contribuente non ci guadagni nulla.
Il decreto-legge del 16 febbraio non è risolutivo sull’emergenza crediti e non lo sarebbe nemmeno, pur con tutte le criticità indicate, la compensazione tranne F24. Le banche dicono di non avere più capienza fiscale, credo che sia vero solo in parte (come in questi giorni ha ricalcolato anche il MEF), la verità è che gli istituti si sono disaffezionati alle cessioni, nonostante i forti margini di guadagno che potrebbero garantire: la Banca d’Italia ha emanato una circolare in cui precisa che in caso di ispezione effettuata nell’ambito della sua attività di vigilanza una delle prime voci di bilancio che sarà esaminata potrà essere quella appunto dei crediti fiscali. Inoltre l’elenco dei documenti richiesti dall’ultimo decreto è un po’ più limitato rispetto a quello richiesto di default degli istituti per le fasi istruttorie, ma comunque è indicativo del fatto che il legislatore tende a non credere che il contratto tra contribuente e banca sia effettuato in buona fede; non si tratta più di una buona fede presunta, ma di una buona fede da dimostrare, anche negli scambi di crediti tributari per bonus edilizi tra privati che non si conoscevano fino al giorno prima.
La buona fede negli scambi commerciali, non è più presunta, ma tutta da dimostrare a carico delle parti, con grave danno per la certezza e celerità degli scambi.
Infine, l’orientamento della Cassazione è quello di confermare i sequestri anche alle banche in caso di operazioni con un profilo penale. Insomma, gli istituti hanno molti motivi per tenersene alla larga, anche se a mio avviso soprattutto le grandi banche radicate nel territorio qualcosa di più potrebbero fare.

Un Patto Agenzia Entrate – Imprese per la cessione dei Bonus Edilizi Bloccati e Futuri

Alla fine, una nota: e se per i bonus pre-decreto (che sono cedibili a banche ma che hanno perso il loro appeal perché un asset, per essere cedibile, deve generare fiducia presso il cedente e presso il cessionario) e per i bonus post-decreto, durante il blocco dei trasferimenti per 5-30 giorni dal cassetto fiscale del cedente al cassetto fiscale del cessionario l’agenzia delle entrate emettesse un Bollino Verde? Non sarebbe, per l’Agenzia delle Entrate, rinunciare a tutti i controlli futuri (che si possono comunque effettuare nei cinque anni successivi) ma sarebbe una sorta di pre-due diligence rafforzata (non meramente formale come già avviene) sui crediti che renderebbe più fiduciosi cedenti e cessionari, e magari limiterebbe anche al minimo indispensabile gli interventi di possibile sequestro dei crediti da parte della magistratura.
D’altra parte, soprattutto nella prospettiva delle regole che saranno varate dalla UE sulle case green non è pensabile che si possa effettuare una riqualificazione su vasta scala del nostro patrimonio edilizio senza il ricorso alla cessione dei crediti.
Per i bonus futuri, post-decreto 16 febbraio 2023, con aliquote più basse di partecipazione alle spese da parte dello Stato Italiano, con tutta evidenza i committenti, che saranno sempre più coinvolti nella compartecipazione alle spese, negozieranno dal 2023 sui costi delle opere, e anche il costo dello Stato per unità immobiliare scenderà di molto, favorendo a mio avviso il mantenimento dello strumento e della possibilità di cedere i crediti che, a questo punto, rappresentano una frazione della spesa complessiva finale a carico del contribuente.